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CORSERA G7 I GRANDI DEL MONDO A RANGHI SERRATI VERSO LA TERZA GUERRA MONDIALE. LA CALMA APPARENTE DEL CONFLITTO CON ARMI CONVENZIONALI

Elmau Castle 27 giugno 2022 by Peter Anchor 

Non c'è alcun dubbio che i grandi del mondo stiano correndo a ranghi serrati verso il baratro della terza guerra mondiale. Lo scontro con la Russia non accenna a diminuire nella sua intensità e Vladimir Putin proprio oggi ha lanciato 14 missili verso Kiev che hanno finito per colpire alcune zone residenziali. Un avvertimento, qualora l'asticella delle provocazioni dovesse salire, i raid si moltiplicheranno. Il braccio di ferro pone oggi anche il quesito della Bielorussia, che Vladimir Putin cerca di spingere nel conflitto, anche per allegerire il peso del conflitto sull'esercito russo. Dal G7 di Elmau Castle nessuna novità, se non che europei e americani continueranno ad inviare armi all'Ucraina, nella speranza di arrivare presto ad un negoziato produttivo per una pace duratura. Una guerra che non potrà avere sconfitti ma un solo vincitore, quella Russia dalle mire imperialistiche, il pericoloso bullet della roulette voluta da Vladimir Putin.Ma per il caparbio e baldanzoso Boris Johnson che sconfiggere lo Zar sul campo di battaglia. La guerra in Ucraina sembra allora essere alle sue prime battute, perchè nessuno si fermerà prima della resa dell'altro. Si respira un'aria di angoscia, distruzione, impotenza difronte all'evoluzione di uno scontro incomprensibile. Lo scenario è apocalittico, da un momento all'altro potrebbe accadere l'inevitabile, quell'ultima prova di forza che farà collassare l'apparente calma della guerra con armi convenzionali. 

Boris Johnson usa il bilaterale con Emmanuel Macron per spronare i compagni. "C'è ancora la possibilità d'invertire la rotta in Ucraina" dice al presidente francese. Banalmente: vincere la guerra.

Il conflitto, infatti, ormai non è più locale. I vertici europei lo ripetono di continuo, sia la presidente della Commissione Ursula von der Leyen che il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel. Le ramificazioni ormai sono globali, dall'incremento dei prezzi dell'energia a quelli del cibo o delle materie prime - con drammatici effetti sull'inflazione.

L'assalto di Mosca, al di là degli sproloqui sulla denazificazione e le nostalgie imperiali nell'estero vicino, punta a disarticolare l'ordine mondiale post guerra fredda - a trazione americana, naturalmente - e a rimescolare le carte. La Cina non si schiera apertamente ma fa il tifo per Putin; l'India si crogiola in una neutralità interessata; il sud del mondo si domanda per quale motivo dovrebbe immischiarsi in un conflitto percepito come essenzialmente europeo e tutto sommato crede volentieri alla desinformazia russa, secondo cui l'aumento dei prezzi di alimenti e fertilizzanti è colpa delle sanzioni occidentali -- per pregiudizio o distrazione, poco importa.

A Elmau dunque i leader sanno che lo spettro - la stanchezza delle opinioni pubbliche, votanti, per il conflitto e i costi che ne derivano - è dietro l'angolo. Johnson allora ha ammonito Macron che "qualsiasi tentativo di risolvere il conflitto ora causerà solo un'instabilità duratura" e rischia di dare a Putin "la licenza di manipolare sia i Paesi sovrani che i mercati internazionali in perpetuo". In soldoni: non è il momento di negoziare con il Cremlino, cosa che invece il presidente francese a più riprese ha lasciato intendere possa essere una strada percorribile.

La linea, al contrario, deve essere una sola, il sostegno incrollabile all'Ucraina. Lo ha ribadito von der Leyen, lo ha sottolineato Michel, che in apertura del G7 ha parlato della necessità di "nuove forniture di armi" a Kiev e duraturo sostegno politico e finanziario, fino a sfociare nel grande sforzo per la ricostruzione. Lo dicono in un editoriale a quattro mani pubblicato dal Daily Telegraph la ministra degli Esteri britannica Liz Truss e il suo omologo ucraino Dmytro Kuleba, denunciando quelle che definiscono "le voci disfattiste" che propongono di scendere a patti con Mosca al costo di pesanti concessioni.

Lo status di candidati all'ingresso nell'Ue di Ucraina e Moldavia è d'altronde uno spartiacque, segno che la guerra sta già cambiando l'Unione Europea modificandone la proiezione (ora) e i confini (col tempo). Non è il momento di vacillare ma di tenere la barra dritta. Johnson - che pure di problemi a casa propria ne ha parecchi - ha mostrato grande entusiasmo per l'idea di comunità politica europea avanzata da Macron, dove anche il Regno Unito potrebbe trovare un posto. La sensazione è che chi si siede è perduto.
   


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