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CORSERA SERIE A DANILO IERVOLINO IL RE DEGLI ASINI CHE DIVENTANO DOTTORI, NUOVO PATRON DELLA SALERNITANA CALCIO. UNIPEGASO QUELL'IMPERO DI CARTA DOVE TUTTI GLI ASINI DIVENTANO DOTTORI

Napoli 2 gennaio 2022 by Evelina Christillian

Paul Newman nella Stangata non avrebbe potuto fare di meglio.

Danilo Iervolino il Re dei Bari, il Presidente di UNIPEGASO, che per anni ha trasformato gli asini in dottori, dopo aver incassato un miliardo dal fondo americano CVC, si lancia alla conquista del calcio italiano diventando di riflesso l'alleato politico di Silvio Berlusconi e di Forza Italia in Campania. Il trittico micidiale e i recenti avvenimenti di suggeriscono questo scenario. Re dei Bari e Re del Bunga Bunga alleati per lanciare la sfida politica nel sud Italia. 

C'è qualcosa che non torna nella storia di Danilo Iervolino, famiglia dedida alla formazione con le scuole paritetiche fin dall'alba dei tempi. Non pizzaioli che sfornano pizze, ma dirigenti incravattati che sfornano diplomi e lauree a tutti gli asini del mondo, a chi ne fa richiesta e a chi paga le profumate rette universitarie. E' il fantasioso gioco delle tre carte, di cui i napoletani sono maestri. L'arguzia è manifesta e potente, incanalata in un settore determinante per lo sviluppo del paese, ma sopratutto per aspirare alla meta dei contratti di lavoro con la pubblica amministrazione.Non c'è alcun merito in questo, se non contribuire ad inquinare il mondo del lavoro e quel che è peggio, la pubblica amministrazione. Se la logica è questa, anche il calcio finirà la medesima sorte nella complicità e nel silenzio. Danilo Iervolino ha incassato ( dicono ) un miliardo di euro dal fondo inglese CVC, per la vendita delle sue università telematiche e oggi sale sul trono del mondo del calcio, passando dalla sventurata Salernitana ultima in classifica. Danilo sarebbe un manager all'avanguardia, osannato anche dalla rivista Forbes. Mi domando se qualche giornalista in buona fede fingendosi uno studente passi al setaccio le sessioni di esame, ce ne sarebbe da ridere. Ben lontane vi stanno anche le Jene. La UNIPEGASO  ha contribuito a fomrare un esercito di laureati che oggi costituiscono la colonna portatante della nostra pubblica amministrazione, che fa parte di un programma in cui il merito deve essere soppiantato da chi ubbidisce e ascolta gli ordini dall'alto. 

Qui si truccano le carte, come i prestigiatori più esperti, gli asini diventano improvvisamente dottori, gli sfaticati si diplomano con il massimo dei voti. Una corte dei Miracoli che ogni gionro accresce il suo potere sconfinato. Dai al popolo ciò che desidera, un diploma, un posto fisso, una laurea, un avanzamento in carriera e il pallone. Il merito è stato abolito, poichè anche gli asini diventano dottori e non importa se hanno assimilato nozioni concetti e logica dei loro studi, conta che diploma o laurea gli abbiano qualificati agli occhi degli estranei.Danilo Iervolino entra nel mondo del calcio adesso, si erige come una statua di marmo anche nel parterre politico, in cui silvio Berlusconi lo vuole alleato per il sud e la Campania. Gli avvenimenti ci dicono che si stringe una santa alleanza tra hedge funds americani e il Clan dei Siciliani, capitanati da Silvio Berlusconi, poichè appare chiaro all'orizzonte che il centro destra potrebbe vincere le prossime elezioni. La fotografia è chiarissima l'alta finanza internazionale scende in campo con Forza Italia o almeno punta una scommessa da un miliardo di euro, per aprire la strada agli affari di domani.

Il valore legale dei titoli di studio I titoli di studio sono, dal punto di vista giuridico, attestazioni di idoneità che concludono un corso di studi e sono rilasciati a seguito di esami, atti di giudizio e valutazioni. Ai titoli di studio l'ordinamento attribuisce effetti giuridici. "Si tratta cioè di atti che, emanati dall'autorità scolastica, nell'esercizio di una funzione statale, ed a seguito di appositi procedimenti valutativi prescritti dalla legge, determinano una certezza legale circa il possesso, da parte dei soggetti che ne siano muniti, di una data preparazione culturale o culturale e professionale insieme. Certezza legale valevole erga omnes, in virtù della quale essi sono produttivi di effetti non solo nell'ambito dell'ordinamento scolastico - in quanto consentono la prosecuzione degli studi - ma anche sul piano dell'ordinamento generale" (D. Croce). Il principio del valore legale dei titoli universitari è sintetizzato nel Testo unico delle leggi sull'istruzione superiore (R.D. 31.8.1933, n.1592, art. 167): Le Università e gli Istituti superiori conferiscono, in nome della Legge, le lauree e i diplomi determinati dall'ordinamento didattico. Il Regolamento studenti (R.D. 4 giugno 1938, n.1269, articolo 48) prevede che le lauree e i diplomi conferiti dalle Università contengano esplicitamente la dicitura "Repubblica Italiana" e "in nome della legge". La riforma universitaria in Italia (DM 509/1999), che ha introdotto i nuovi titoli accademici di ‘laurea’ e di ‘laurea specialistica’, ha voluto confermare esplicitamente il principio del valore legale affermando che i titoli conseguiti al termine dei corsi di studio dello stesso livello, appartenenti alla stessa classe, hanno identico valore legale (art. 4.3).

 

 

Il valore legale del titolo di studio è fondato su due ‘pilastri’: l’ordinamento didattico nazionale (che fissa le caratteristiche generali dei corsi di studio e dei titoli rilasciati) e l’esame di Stato (che ha la funzione di accertare - nell’interesse pubblico generale - il possesso di determinate conoscenze e competenze). Entrambi questi princìpi sono attualmente operanti in Italia. Ma hanno conosciuto una evoluzione significativa. L’ordinamento didattico nazionale I corsi attivati dalle università ed i titoli accademici che le università rilasciano sono previsti dall'ordinamento didattico nazionale. Nel tempo tale ordinamento ha subito variazioni importanti. Le segnaliamo qui sinteticamente. Nella sua prima fase l’ordinamento didattico italiano è costituito da una serie di norme e di tabelle che individuano le denominazioni dei corsi di laurea e la loro durata, gli insegnamenti obbligatori, i titoli finali rilasciati. Le diverse leggi che hanno generato tale ordinamento didattico risalgono agli anni Trenta; ma si cita comunemente come riferimento unitario il Regio Decreto 30.9.1938, n.1652. La conseguenza più evidente è che i corsi universitari hanno caratteristiche di omogeneità su tutto il territorio nazionale. 4 Una parziale liberalizzazione è avviata nel 1969 come risposta alle richieste formulate dai movimenti studenteschi. Si stabilisce che lo studente possa predisporre un piano di studio personale, diverso da quello previsto dagli ordinamenti didattici in vigore, purché nell’ambito delle discipline effettivamente insegnate, nel numero di insegnamenti stabilito e con l’approvazione del consiglio di facoltà, che dovrà tenere conto delle esigenze di formazione culturale e di preparazione professionale dello studente (Legge 11.12.1969, n. 910). L'ordinamento nazionale subisce una profonda revisione con la riforma degli ordinamenti didattici universitari del 1990 (Legge 19.11.1990, n.341). L’obiettivo è rivedere l'ordinamento sulla base della nuova e accresciuta autonomia delle università ed aumentare il grado di flessibilità del sistema. In questa nuova logica la riforma: - sancisce la revisione di tutti i curricula didattici vigenti, definisce i criteri per il loro aggiornamento e innova le procedure amministrative di revisione; - stabilisce il principio della opzionalità dei contenuti formativi, disponendo che l'ordinamento si limiti ad individuare solo le aree disciplinari da includere necessariamente nei curricula didattici (cosicché, fatta salva l'esigenza minima di omogeneità imposta dal valore legale del titolo, viene riservato ampio spazio di discrezionalità alle singole sedi); - punta alla ricomposizione delle conoscenze, contrastando, con la formula delle aree disciplinari, la frammentazione del sapere in ambiti sempre più specialistici e la proliferazione delle discipline. La riforma realizzata infine dal DM 509/99 ha dovuto risolvere un problema rilevante: conciliare le esigenze opposte dell’autonomia degli atenei nel definire i curricula dei corsi universitari da un lato e di garantire il valore legale dei titoli e dunque il loro riferimento ad un ordinamento nazionale dall’altro. La soluzione adottata è stata, come è noto, quella della “classe” rispettivamente per le lauree e per le lauree specialistiche. Secondo il DM 509 i corsi di studio dello stesso livello, comunque denominati dagli atenei, aventi gli stessi obiettivi formativi qualificanti e le conseguenti attività formative indispensabili, sono raggruppati in classi di appartenenza. Sul piano nazionale sono individuati, per ogni classe di corsi di studio, gli obiettivi formativi qualificanti e quindi le attività formative indispensabili per conseguirli, raggruppandole in sei tipologie: a) la formazione di base; b) gli ambiti disciplinari caratterizzanti la classe; c) gli ambiti disciplinari affini o integrativi (con particolare riguardo alle culture di contesto e alla formazione interdisciplinare); d) attività formative autonomamente scelte dallo studente; e) attività formative relative alla preparazione della prova finale per il conseguimento del titolo di studio e alla verifica della conoscenza della lingua straniera; f) altre attività formative volte ad acquisire ulteriori conoscenze linguistiche, nonché abilità informatiche e telematiche, relazionali, o comunque utili per l'inserimento nel mondo del lavoro, nonché attività formative volte ad agevolare le scelte professionali, mediante la conoscenza diretta del settore lavorativo cui il titolo di studio può dare accesso, tra cui, in particolare, i tirocini formativi e di orientamento. Per ciascuna delle attività formative succitate i decreti relativi alle classi dei corsi di studio individuano un numero minimo di crediti obbligatorio che le singole sedi universitarie, pur nella loro autonomia, non possono non rispettare. L’esame di Stato Nell'ordinamento giuridico italiano "le lauree e i diplomi conferiti dalle Università e dagli Istituti superiori hanno esclusivamente valore di qualifiche accademiche. L'abilitazione all'esercizio 5 professionale è conferita in seguito ad esami di Stato, cui sono ammessi soltanto coloro che: a) abbiano conseguito presso Università o Istituti superiori la laurea o il diploma corrispondente; b) abbiano superato, nel corso degli studi per il conseguimento del detto titolo, gli esami di profitto nelle discipline che sono determinate per regolamento" (R.D. 31.8.1933, n. 1592; art. 172). I titoli universitari, dunque, in base alla legge, non hanno valore direttamente abilitante alle professioni, ma costituiscono qualifiche di natura scientifica. La distinzione tra qualifiche accademiche e qualifiche professionali è un elemento caratteristico del nostro ordinamento, ed ha radici anche nella stessa legge costituzionale: "E' prescritto un esame di Stato (…) per l'abilitazione all'esercizio professionale" (art. 33 della Costituzione della Repubblica Italiana). Il possesso di un titolo accademico costituisce di norma la condizione preliminare, necessaria ma non sufficiente, per l'accesso alle professioni pubbliche e private. La legge prescrive infatti, in addizione al titolo di studio, ulteriori accertamenti di preparazione professionale, tirocini pratici ed esami di Stato di abilitazione professionale, oppure esami di concorso per l'accesso al pubblico impiego con funzione selettiva e comparativa delle capacità degli aspiranti. L'ordinamento italiano prevede casi - a carattere di eccezione - di titoli di studio direttamente abilitanti alla professione; il carattere abilitante del titolo va comunque sempre determinato per legge (è il caso dei titoli accademici abilitanti all’esercizio di alcune professioni sanitarie). La nuova organizzazione dei titoli accademici introdotta dalla riforma del 1999 e l’introduzione della laurea (triennale) e della laurea specialistica hanno provocato una riorganizzazione delle libere professioni e dei requisiti per l’ammissione all’esame di Stato (DPR 328/2001). Le professioni interessate al riassetto sono finora tredici: i dottori agronomi e forestali, gli agrotecnici, gli architetti, gli assistenti sociali, gli attuari, i biologi, i chimici, i geologi, i geometri, gli ingegneri, i periti agrari, i periti industriali, gli psicologi. Gli albi professionali gestiti dagli Ordini e dai Collegi sono divisi in due sezioni, in relazione al diverso grado di capacità e competenza acquisita nella formazione universitaria: alla sezione A si accede, previo esame di Stato, con il titolo di laurea specialistica; alla sezione B si accede, previo esame di Stato, con il titolo di laurea. Nelle sezioni degli albi professionali possono essere istituiti distinti settori, in relazione a specifici percorsi formativi a cui corrispondono circoscritte e individuate attività professionali. Ad esempio, nel caso degli ingegneri, l’albo professionale è articolato in due sezioni; ciascuna sezione è a sua volta articolata in tre settori: civile e ambientale; industriale; dell’informazione. Alla sezione A dell’Albo sono iscritti, dopo aver superato l’esame di Stato i laureati specialistici, con i titoli professionali di ingegnere civile e ambientale o ingegnere industriale o ingegnere dell’informazione. Analogamente alla sezione B dell’Albo sono iscritti i laureati in ingegneria con il titolo di ingegnere civile e ambientale iunior, di ingegnere industriale iunior, di ingegnere dell’informazione iunior. L’esame di Stato abilitante consiste in due prove scritte di carattere generale, una prova pratica e una prova orale. Può essere previsto un periodo obbligatorio di tirocinio. I titoli universitari conseguiti al termine dei corsi di studio dello stesso livello, appartenenti alla stessa classe, hanno identico valore legale ai fini dell’ammissione agli esami di Stato, indipendentemente dallo specifico contenuto dei crediti formativi


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