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CORSERA SUICIDIO VIVIANA PARISI, ANGELO CAVALLO MORTE O LESIONE COME CONSEGUENZA DI ALTRO DELITTO

Messina 22 agosto 2020 CorSera.it dr.Matteo Corsini ( Fondatore e direttore scientifico Enciclopedia Universale delle Scienze Giuridiche) 

Delitto di Caronia . Suicidio Viviana Parisi. La Procura di Patti,nella persona del Procurateo dr.Angelo Cavallo potrebbe aver aperto un procedimento ex art. 586 c.p. morte o lesione come conseguenza di altro delitto. 

Il suicidio come conseguenza non voluta di condotte illecite (maltrattamenti, minacce, stalking, mobbing, bullismo)
Si è visto che nell’art. 580 c.p. l’evento morte è in definitiva voluto (o non disvoluto) dall’agente, il quale determina, rafforza o agevola il suicida proprio volendo l’esito mortale, ma non compiendolo direttamente. Se così fosse – come si è detto – si tratterebbe di omicidio del consenziente (art. 579 c.p.) oppure, ove facesse difetto il consenso della vittima, di omicidio vero e proprio (art. 575 c.p.).
In altre situazioni, come nel caso di maltrattamenti, di minacce, di stalking o di altri comportamenti integranti condotte riconducibili alla violenza privata (per esempio mobbing, bullismo), l’agente non vuole determinare il suicidio della vittima, ma il comportamento messo in atto conduce ugualmente la vittima al suicidio, che è un evento, quindi, non voluto ma legato da un nesso causale con la condotta.
 

Il problema è verificare se ai fini della punibilità dell’agente – al di là di una auspicabile riforma che unifichi tutte le condotte di violenza privata – sia sufficiente il solo collegamento causale o se debba esservi anche una qualche prevedibilità del suicidio.
In generale il problema è disciplinato dall’art. 586 del codice penale (Morte o lesione come conseguenza di altro delitto) dove si afferma che “Quando da un fatto preveduto come delitto doloso deriva, quale conseguenza non voluta dal colpevole, la morte o la lesione di una persona, si applicano le disposizioni dell’articolo 835, ma le pene stabilite negli articoli 589 e 590 sono aumentate”. All’evento morte è equiparato naturalmente il suicidio e alle lesioni sono equiparate le eventuali lesioni conseguenti al tentato suicidio.

5 Art. 83 c.p. (Evento diverso da quello voluto dall’agente). Fuori dei casi preveduti dall’articolo precedente, se per errore nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato, o per un’altra causa, si cagiona un evento diverso da quello voluto, il colpevole risponde, a titolo di colpa, dell’evento non voluto, quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo. Se il colpevole ha cagionato altresì l’evento voluto si applicano le regole sul concorso dei reati.
La questione – con riferimento agli abusi o ai maltrattamenti – è del tutto sovrapponibile a quella di cui si occupano l’ultimo comma dell’art. 5716 e dell’art. 5727 in cui la pena è indicata in maniera più grave se dall’abuso dei mezzi di correzione o dai maltrattamenti derivi come esito non voluto la morte della vittima. In questi due casi la sanzione aggravata è espressamente indicata mentre nell’art. 586 –norma di carattere generale – si richiamano le pene previste per l’omicidio colposo e per le lesioni colpose.

Il collegamento causale tra la condotta e l’evento morte è indubbiamente la prima necessaria coordinata per potersi addebitare all’agente il suicidio della vittima.Proprio con riferimento ai maltrattamenti per esempio si è affermato che la morte della vittima – che pur sempre non deve essere voluto neanche a titolo di dolo eventuale (Cass. pen. Sez. I, 12 gennaio 1989, n. 4912) – è condizione oggettiva di punibilità ed addebitato in relazione ai principi posti dall’art. 41 c.p. imponendo, quindi, un rinvio alle regole con le quali viene regolamentata l’imputazione oggettiva degli eventi causati dall’autore di un reato (Cass. pen. Sez. VI, 16 aprile 2010, n. 29631).


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