MILANO 2 APRILE 2020 CORSERA.IT by The Street Lawyer ( redazione mobile 335291766)
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#IORESTOACASA- IL CASO “ISLANDA” - UN’OMBRA SULLA CAPACITA’ E TEMPESTIVITA’ DELLA REAZIONE A COVID-19 DI MOLTI PAESI.
Il sito della CNN il primo aprile 2020 è uscito con un’intervista ad un responsabile di una società di biotech islandese, filiale di una società Americana, che, tra l’altro, per conto dell’agenzia sanitaria islandese (Health Agency) sta effettuando numerosissimi test per il Covid-19.
Nel leggere attentamente l’intervista, perfetta nella sua linearità ed efficacia esplicativa, appare come il governo islandese non solo si sia mosso in anticipo rispetto a tanti altri ma stia affrontando il problema con una metodologia che ha puntato principalmente sulla capillarità degli “screening” (test) e sulla tracciabilità, contestualmente affiancando misure di contenimento importanti ma meno rigide di quelle previste ad esempio in Italia o in Spagna e che, allo stato, pare stanno dando ottimi risultati.
Quanto al primo aspetto si apprende, nel leggere il pezzo della CNN, che l’Islanda aveva iniziato a testare la sua popolazione all'inizio di febbraio molte settimane prima della sua prima morte correlata al coronavirus. Non solo. Il Governo della Repubblica Islandese ha perseguito un’aggressiva politica di quarantena (più lunga rispetto ad altri Paesi), nei confronti non solo dei soggetti che hanno contratto il virus ma anche dei soggetti sospettati di averlo contratto.
La domanda che sorge spontanea è quella di capire le ragioni che hanno spinto l’Islanda ad intervenire in anticipo già dai primi di febbraio 2020. La risposta è semplice, talmente semplice da lasciare per un attimo increduli se ci si immerge nella drammatica realtà che stanno vivendo moltissimi paesi tra i quali quelli europei, inclusa l’Italia
"L’unica ragione per cui stiamo facendo meglio è che siamo stati più vigili," è stato riferito alla CNN "Noi abbiamo tenuto in conto molto seriamente le notizie riguardanti una epidemia che stava iniziando in Cina. Non abbiamo scrollato le spalle”.
L'Islanda, dinanzi alle drammatiche notizie che provenivano, già da dicembre 2019, dalla Cina, semplicemente non ha “scrollato le spalle”. Non ha sottovalutato la portata delle informazioni. Non sottostimato il fatto che un Paese come la Cina avesse confinato, per contrastare il micidiale quanto ignoto COVID-19, circa 60.000.000 di persone della provincia dell’Hubei.
Virus infatti in relazione al quale si è forse capito come si sia trasmesso all’uomo ma di cui ben poco si sa. Fa parte della famiglia de coronavirus, virus respiratori che possono causare malattie da lievi a moderate, dal comune raffreddore a sindromi respiratorie come la MERS (sindrome respiratoria mediorientale, Middle East respiratory syndrome) e la SARS (sindrome respiratoria acuta grave, Severe acute respiratory syndrome). Da qui il suo nome scientifico “Sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2" (SARS-CoV-2)”. Ma il SARS-CoV-2 è un nuovo coronavirus mai identificato nell'uomo prima delle segnalazioni provenienti da Wuhan, in Cina a dicembre 2019.
E allora cosa ha fatto l’Islanda. Se non consoci il tuo nemico, almeno cerca di capire come si muove, in quale direzione, in modo tale da poterlo isolare, confinare. Ed è questo quello che ha fatto l’Islanda.
Secondo gli esperti islandesi infatti solo capillari attività di screening potevano garantire il controllo e creare un quadro più completo della diffusione. Infatti, sempre alla CNN, l’esperto intervistato ha affermato "E’ estremamente importante, quando devi adottare misure di contenimento del virus, quale sia la diffusione in generale nella società”. Le autorità sanitarie “devono sapere se il virus si corre velocemente attraverso la comunità o circoli tra alcuni focolai”.
Per perseguire questo obiettivo l’Islanda tuttavia non si è limitata, tramite il National University Hospital, a testare le persone che mostravano sintomi o che erano ad alto rischio, ma per l’appunto tramite la società privata intervistata dalla CNN, ha effettuato, su base volontaria, un programma diffusissimo di “screening” anche su popolazione priva di sintomi ovvero che non fosse in quarantena.
L’Islanda ha realizzato la più alta percentuale di test al mondo dal cui esito è stato confermato quanto risultato da numerosi studi ovvero che nella diffusione di COVID-19 ha giocato un ruolo enorme quello dei soggetti asintomatici o mediamente sintomatici.
Dunque, test e tracciabilità sono il fulcro della battaglia da condursi contro COVID-19 ma soprattutto possono meglio indirizzare i governi e le autorità interessate ad adottare le misure di contenimento più idonee che non necessariamente, come sembra insegnare il caso-Islanda, sarebbero dovute coincidere con un lock-down totale, come ad esempio avvenuto in Italia, Spagna e, ancor più tardi, nella Gran Bretagna.
La strategia e la tempestività della reazione del governo Islandese infatti sembrano, allo stato attuale, aver riportato a risultati importanti.
Su di un totale di 737 contagiati al 1.4.2020, 68 persone sono guarite mentre solo 2 sono morte (un turista e un cittadino islandese) e 2 persone sono ricoverate in terapia intensiva. Ma non solo. In Islanda, grazie a questa tempestività e metodologia di intervento, si è evitato il lock-down. Sono stati vietati assembramenti, imposti misure di distanziamento sociale, chiuse sino al 16 marzo Università e scuole di istruzione secondaria mentre gli asili e scuole elementari sono rimaste aperte con l’applicazione di alcune misure tese ad evitare la diffusione del virus. (fonte “people for planet” che richiama dati forniti dal sito web del governo islandese).
A questo punto c’è da chiedersi come mai nel resto di Europa o anche fuori dei suoi confini non si sia agito come in Islanda. Ma per rispondere a questa domanda bisognerebbe capire se la strategia di effettuazione capillare di test diagnostici e di tracciabilità effettuata nella piccola Repubblica Islandese (nemmeno 360.000 abitanti) avrebbe potuto essere effettuata in una nazione come l’Italia di oltre 60.000.000 di abitanti.
E qui la risposta dell’interlocutore della CNN suona come una condanna senza appello per Paesi come l’Italia, la Spagna, la Gran Bretagna “nulla a che fare con le dimensioni della popolazione, questo ha a che fare con il livello di preparazione per la pandemia…molti paesi sviluppati hanno una “straordinaria collezione di talenti” che avrebbe potuto effettuare test industrializzati come questo molto tempo fa” ma sino comportati come se nulla stesse accadendo”.
Il link all’intervista della CNN qui citata:
https://edition.cnn.com/2020/04/01/europe/iceland-testing-coronavirus-intl/index.html
The street lawyer
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