MILANO 26 MARZO 2020 CORSERA.IT Alan Parker dal nostro corrispondente dal fronte di guerra
(Nella fotografia la figlia di una delle tante vittime abbandonate a se stesse dal nostro sistema sanitario. Località Bergamo.)
Bergamo e Brescia sono due città trasformatesi in lager dove si sta compiendo una strage di residenti. Evacuare con l'Esercito i residenti senza ulteriore indugio.
Mi scrive Rosa Magrini da Brescia, anche lei con Covid-19, la sua amica Valeria Circo di 41 anni, lavorava alla BNP PARIBAS, è morta.
Scrive Rosa : " Mi dicono che non c'e' ossigeno nel senso che il virus "divora l'ossigeno" , per ogni paziente ce ne vuole tantissimo "
Un giorno scopriremo che questo coronavirus è un derivato di un'arma batteriologica, costruita in laboratorio, sfuggita agli accordi del (Protocol for the Prohibition of the Use in War of Asphyxiating, Poisonous or other Gases, and of Bacteriological Methods of Warfare o, più comunemente, Protocollo di Ginevra)ma adesso non c'è tempo per troppe congetture, ma se la situazione è quella di Bergamo e Brescia, si deve consentire ai residenti di abbanodnare le città il prima possibile scortati da soldati per raggiungere le secondo case o le terze possibilmente in riva al mare, dove l'azione dello iodio potrà lenire l'aggravarsi della patologia da Covid-19. Non c'e' più tempo che le autorità lo capiscano. Ieri sera nel corso di Piazza Pulita, Corrado Formigli, ha intervistato una ragazza che piangeva il padre morto attaccato dal Covid-19 senza che nessuno lo abbia assistito. L'ossigeno è arrivato quando era già morto.
Lombardia emergenza Covid-19.La strage continua nelle città focolaio dell'infettate dal coronavirus. Il contagio non accenna a diminuire, in Lombardia si vive l'incubo delle stragi da armi chimiche della prima guerra mondiale. Un errore impedire ai residenti di Milano, Bergamo, Brescia, Piacenza, Crema , di raggiungere le secondo case. L'aria di Bergamo è avvelenata, il Covid-19 si trasmette per via aerobica, per evaporazione , la misura convenzionale della distanza di un solo metro tra le persone è l'altro errore della gestione della pandemia. La diffusione della pandemia nel centro sud Italia non è quasi avvenuta per via diretta, se non per tramissione dei pazienti che provenivano dal Nord. Il covid-19 non riesce a diffondersi se evapora nell'aria e si disperde. Milano ,Bergamo,Brescia,Piacenza , Cremona, sono città inquinate, avvelenate anche per effetto dell'inersione termica verificatesi quest'anno con il bel tempo. Il coronavirus si sta continuando a propagare, è necessario consentire ai residenti di queste città di andarsene contingentati per ordine alfabetico e obbligarli alla quarantena nelle loro seconde case. Le città più colpite devono svuotarsi appena possibile o sarà una strage. A Bergamo dalle testimonianza emerse, si è capito che la struttura sanitaria non è in grado di raggiungere i pazienti che muoiono per mancanza di ossigeno. Forse chi ha lasciato Milano ha sicuramente portato il coronavirus al sud, ma si è probabilmente salvato la pelle. Siamo difronte ad un olocausto, l'aria è irrespirabile, il contagio continua, che cosa aaspettano le autorità ad evacuare le città più infettatte?
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Il 17 giugno 1925 veniva firmato a Ginevra il Protocollo per il regolamento pacifico delle controversie internazionali (Protocol for the Prohibition of the Use in War of Asphyxiating, Poisonous or other Gases, and of Bacteriological Methods of Warfare o, più comunemente, Protocollo di Ginevra) da 38 nazioni a esclusione dell’Inghilterra e degli Stati Uniti. Il protocollo, che fu approvato dalla Società delle Nazioni ed entrò effettivamente in vigore il 7 settembre 1929, proibiva l’uso in guerra di “gas asfissianti, tossici e simili e di tutti i liquidi, materiali e dispositivi analoghi” e, inoltre, vietava qualsiasi tipo di guerra batteriologica. Per trovare le motivazioni di tali provvedimenti è necessario fare un passo indietro e tornare alla Grande Guerra dove, complessivamente, furono utilizzati 13 milioni di Kg di gas durante il conflitto tra yprite, fosgene, gas lacrimogeni e starnutenti ai quali i soldati erano facilmente esposti. Lo scenario fu quello di una vera e propria guerra chimica che, al termine dei combattimenti, aveva presentato un conto salato ad entrambi i fronti sia a livello economico sia in termini di vite umane.
Il Protocollo di Ginevra doveva evitare situazioni simili in un futuro conflitto ma alcuni eventi tra il 1935 e il 1945 dimostrarono la fragilità del provvedimento: nel dicembre 1935 il generale italiano Rodolfo Graziani utilizzo l’yprite e il fosgene contro l’Etiopia durante la Campagna dell’Africa Orientale; tra il 1937 e il 1943, le truppe giapponesi sotto il comando del generale Shiro Ishii adoperarono l’yprite e la lewisite contro i cinesi (oltre ad armi batteriologiche che diffusero malattie come il colera, il tifo e la dissenteria); tra il 1941 e il 1942 i tedeschi utilizzarono dei gas non specificati dalle fonti contro i Russi a Sebastopoli, nelle catacombe di Odessa e nella cava di Adžimuškaj.
Tra le violazioni del Protocollo, quella dei tedeschi rappresenta un caso particolare perché l’impiego dei gas nei tre siti fu un’iniziativa personale del generale Erich von Manstein dato che il Reich ne aveva espressamente vietato l’utilizzo per due motivazioni: l’Abwehr, l’intelligence tedesca, nella convinzione che i nemici dell’Asse fossero a conoscenza dei loro progressi nella ricerca delle armi chimiche (la scoperta del soman, del tabun e del sarin), non volle mai utilizzare questo tipo di tecnologia per non andare incontro a delle rappresaglie; per lo stesso motivo, lo stesso Adolf Hitler negò l’uso di questo tipo di armi perché ne conosceva gli effetti dopo che, sul finire della prima guerra mondiale, rimase quasi cieco a seguito di un attacco chimico nemico.
Gli effetti dei gas utilizzati nei due conflitti mondiali differiscono l’uno dall’altro, recando sempre degli effetti devastanti sull’obiettivo, difatti l’yprite (o “gas-mostarda” per il suo odore simile alla senape), ricavato da una miscela fra cloro e zolfo, colpiva la cute creando delle vesciche in tutto il corpo e, se respirato, distruggeva l’apparato respiratorio, mentre il fosgene, frutto di un mix tra cloro e ossido di carbonio, attaccava le vie respiratorie e provocava la morte in caso di inalazione. Effetti differenti avevano i gas lacrimogeni e starnutenti che causavano diversi disturbi a livello organico ma non portavano alla morte.
Come tutti sappiamo, però, i nazisti utilizzarono in maniera più assidua le armi di sterminio di massa nei lager. L’agente chimico utilizzato nelle camere a gas era lo Zyklon B. Questo era stato sviluppato dall’ebreo tedesco Fritz Haber e il suo composto era a base di acido cianidrico. Esso veniva venduto sotto forma di granuli blu impregnati di suddetto acido e contenuti dentro dei contenitori ermetici per evitarne l’evaporazione che avveniva a 26 °C. Questo tipo di arma si rivelò estremamente utile ed economica per gli scopi del regime dato che erano necessari 5-7 Kg di Zyklon B per uccidere 1.500 persone in 10 minuti per anossia (mancanza di ossigeno ai tessuti).
Per l’utilizzo delle armi chimiche durante il secondo conflitto bellico mondiale non si devono osservare solamente le forze dell’Asse ma anche quelle degli Alleati: pur non avendo firmato il Protocollo di Ginevra, nel 1943 il presidente Roosvelt dichiarò che gli USA non avrebbero mai utilizzato primi queste risorse pur avendone una buona quantità a disposizione, difatti una nave americana carica di fusti di yprite e ancorata al porto di Bari fu bombardata la notte del 2 dicembre 1943 dai tedeschi. Dopo l’esplosione, il suo carico finì prima nel porto e poi nell’Adriatico.
Per ulteriori informazioni riguardo l’uso del gas durante la seconda guerra mondiale o per approfondire la situazione bellica durante il conflitto potete consultare i seguenti tesi:
– Chris Bellamy, Guerra assoluta. La Russia sovietica nella seconda guerra mondiale, Einaudi, Torino, 2010;
– Basil H. Liddle Hart, Storia militare della seconda guerra mondiale, Mondadori, Milano, 1996;
– Paolo Viola, Storia moderna e contemporanea. Vol. 4: il Novecento, Einaudi, Torino, 2000.
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