Aveva raccontato le atrocità che i militanti dello Stato islamico compivano a Raqqa, in Siria. Per questo Raqia Hassan, giornalista 30enne accusata di spionaggio, è stata uccisa da alcuni miliziani jihadisti vicini al Califfato. La sua morte, avvenuta ormai qualche mese fa, è stata confermata oggi da gruppi di attivisti nel Paese mediorientale. Erano settimane che le tracce della giovane donna si erano perse, anche se era riuscita a postare sul proprio profilo Facebook alcuni messaggi.“Avanti tagliateci internet, i nostri piccioni viaggiatori non se ne lamenteranno”, aveva scritto lo scorso 21 luglio, ironizzando sulla guerra al wi-fi dichiarata dal Califfato nella sua città. E ancora, “Sono a Raqqa e ho ricevuto minacce di morte, ma quando l’Isis mi arresterà e ucciderà sarà tutto ok, perché mi taglieranno la testa e io manterrò la mia dignità”. Parole dure, che hanno fatto indispettire i leader di Daesh che l’avevano resa prigioniera e che non le hanno risparmiato la vita. La sua famiglia è stata informata della morte della giornalista solo tre giorni fa.
Raqia Hassan aveva studiato all’università di Aleppo, ma quando i terroristi islamici si era impadroniti della sua città natale non aveva voluto abbandonare i suoi cari. Da allora, aveva continuato a scrivere, denunciando, soprattutto sui social network dove utilizzava lo pseudonimo di Nissan Ibrahim, le condizioni dei civili a Raqqa, torturati e violentati dai jihadisti, ma anche raccontando i continui bombardamenti della coalizione internazionale.

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