Ai tempi dei fatti che ricadono nell’inchiesta la «banca» vaticana disponeva di un patrimonio immobiliare da circa 160 milioni di euro. Dalle verifiche interne condotte dall’Istituto dall’inizio del 2013 è emerso che quel patrimonio sarebbe stato «svenduto» a prezzi molto bassi con l’applicazione di tariffe per compensi professionali molto alte. Secondo l’indagine in corso, in alcuni casi dietro le società compratrici ci sarebbero stati gli stessi Caloia, Scaletti e Liuzzo. Una volta rivenduti a prezzi di mercato gli immobili avrebbero fruttato, a danno dello Ior, un guadagno di 50-60 milioni di euro.
Caloia era stato scelto nel 1989 dal segretario di Stato Vaticano Agostino Casaroli come successore dell’arcivescovo Paul Marcinkus, nome discusso negli anni dello scandalo del banco Ambrosiano di Roberto Calvi. Allora era presidente del Mediocredito Lombardo (gruppo Cariplo). Era stato chiamato dal Giovanni Paolo II per dare un nuovo corso allo Ior, poi il suo mandato era stato prorogato fino al 2009 quando papa Benedetto XVI e il segretario di Stato Tarcisio Bertone decisero di sostituirlo con Ettore Gotti Tedeschi. Già docente alla Cattolica e presidente della fabbrica del Duomo di Milano, è stato nominato nel Cda della fondazione Almo Collegio Borromeo l’anno scorso per volere del principe Giberto Borromeo Arese e su indicazione dell’arcivescovo di Milano Angelo Scola per risollevare la situazione finanziaria del collegio. «Non so cosa dire – dice al telefono il rettore del Collegio Borromeo don Paolo Pelosi di ritorno dal Sant’Anna di Pisa – sono indagini doverose che nascono dallo stesso Vaticano, speriamo che l’indirizzo sia corretto e restiamo in attesa. Questo anno per il collegio è stato proficuo, lui si è sempre dimostrato chiaro, disponibile, sereno e competente. Speriamo che tutto finisca per il meglio».
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