Roma 14 Ottobre 2013 Corsera.it il blacknotes di Matteo Corsini
Italia in recessione,il disastro del debito pubblico stritola la struttura ossea del paese,le piccole e medie imprese.Quelle grandi licenziano.Le grandi nazioni del mondo Stati Uniti Cina Giappone svalutano la loro moneta per spingersi fuori dalle secche dell'economia.Paesi che hanno reagito con tempestivita' al disastro,mentre noi,fanalino di coda di questa Europa che non funziona,assistiamo impotenti al declino inarrestabile,con lo spauracchio dei tecnocrati delle banche ,che l'inflazione divorerebbe il nostro capitale erodendo il potere di acquisto.Ma se cosi' non fosse? Al contrario per un paese come l'italia che vive di esportazioni e turismo,di real estate e di invenzioni,l'inflazione sarebbe un toccasana,per spingere il volano degli investimenti.Anche il Giappone ha svalutato di circa il 35% la sua moneta,senza che questo desti molta preoccupazione ad un paese con un debito pubblico enorme.In Italia assistiamo al balletto dell'amnistia,al tentativo di salvare il condannato per evasione fiscale Silvio Berlusconi,reato gravissimo contro la collettivita',che si salda alla frantumazione del nostro mercato asfittico,reso tale dal cotcocircuito banche debito pubblico.Vogliamo uscirne? Come? Si deve tornare alle urne elettorali,vincere la diffidenza dei cittadini a fronteggiare la crisi chiedendo una sola cosa,rompere l'assedio della moneta unica ,l'euro senza una sua banca in grado di alimentare il processo economico.
Per adesso, oggi, tiene banco l'amnistia per Silvio Berlusconi,noi italiani siamo tutti dei gran coglioni. Al G20 si sta parlando di Siria, lotta alla disoccupazione, ai paradisi fiscali e molto altro. Rispetto alle ultime edizioni è finito in sordina il tema della "guerra delle valute". Anche se, a dirla tutta, non ci sono grandi rimpianti viste le (non) decisioni prese a tal proposito negli anni passati. Il fatto che se ne parli un po' meno, adesso non vuol dire però che il problema sia risolto. Perché i dati storici (Pil consolidato) e di flusso (crescita trimestrale) ci dicono che la svalutazione è una delle armi preferite da governi e banche centrali per spingere lontano Prendiamo le prime quattro economie al mondo. Sul gradino più alto del podio ci sono (la Cina incalza ma ne ha ancora di strada da fare) gli Stati Uniti con un Pil annuo superiore ai 15mila miliardi di dollari (superiore a quello dei 17 Paesi della zona euro che viaggiano sui 13mila miliardi). Quest'anno - stando alle stime Ocse - gli Usa dovrebbero dare una spinta al Pil dell'1,7%. Spostiamoci in Cina, la seconda economia del pianeta (con un Pil di 8.200 miliardi di dollari). L'espansione sta rallentando ma questo significa che la Cina non cresce più del 10-12% annuo ma
Medaglia di bronzo al Giappone (quasi 6mila miliardi di Pil per un'estensione territoriale imparagonabile alla grandezza geografica di Usa e Cina). L'Ocse ci dice che Tokyo e dintorni chiuderanno l'anno con un progresso del Pil dell'1,6%. Al quarto posto (ma molto staccata) troviamo la Germania, un'economia attualmente in grado di generare un Pil annuo di circa 3.400 miliardi di dollari. A differenza di altri Paesi dell'Eurozona (vedasi Italia e Spagna) la Germania non ha mai chiuso un anno in recessione in questa fase critica per l'area euro ma si è limitata a cedere lo 0,
Eccole qua, le prime quattro economie del globo. Sono un po' diverse fra loro. Gli Stati Uniti, ad esempio, basano la crescita più sui consumi interni mentre per Germania, Cina e Giappone sono le esportazioni a farla da padrone nella dinamica di progressione del Pil. Quanto ai conti pubblici non è poi che sarebbero tutte apposto applicando il "radar Maastricht".
Il Giappone ha un debito/Pil superiore al 200%, la Germania viaggia vicina al 82% (ma forse sarebbe più alto se si considerassero, in base a quanto indicato da uno studio della fondazione tedesca Stiftung
di Vito Lops - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/y8t9e
Tra le economie emergenti è quella che più sta soffrendo il nuovo scenario macroeconomico. Ieri, la rupia ha segnato un nuovo minimo storico nei confronti del dollaro, sfondando quota 64 e costringendo la banca centrale a intervenire ancora una volta a sostegno della moneta, vendendo dollari. Tra giugno e luglio, le riserve valutarie (senza contare l'oro) erano già scese da 261 a 251 miliardi di dollari. Gli analisti scommettono che il cambio rupia-dollaro raggiungerà almeno quota 65 nei prossimi mesi. Il 22 maggio, quando la Fed ha accennato alla prossima fine dell'era del quantitative easing, il cambio viaggiava a quota 55. Il calo dall'inizio dell'anno è di circa il 13%. Anche la Borsa ieri ha ampliato le perdite, lasciando sul terreno un altro 0,4% dopo i pesanti cali delle ultime sedute. Rispetto al picco raggiunto il 23 luglio, l'indice Sensex ha perso il 10,2%. In meno di tre mesi, 11,6 miliardi di dollari sono stati ritirati dai mercati finanziari indiani, 10 miliardi da quelli obbligazionari. Speculazione o no, gli investitori sono preoccupati dal deficit commerciale del Paese, salito al 4,8% del Pil e non credono nella capacità del Governo di portarlo sotto controllo. È proprio citando questo motivo che ieri JPMorgan ha declassato da neutrale a sovrappesate le azioni indiane nel portafoglio titoli. L'India insomma è incappata in quella che un analista ha definito una tempesta perfetta, fatta di svalutazione, alta inflazione, deficit commerciale e crescita rallentata. Il Pil l'anno scorso ha frenato ai minimi da circa 10 anni, al 5%, e per l'anno prossimo non si prevede un tasso superiore al 5,6%. Una situazione complessa, esacerbata da nodi strutturali irrisolti (burocrazia, corruzione, infrastrutture arretrate) e dall'incerta risposta delle autorità del Paese, ministero delle Finanze e Banca centrale in testa, che nel tentativo di contenere il calo della rupia, hanno varato una serie di restrizioni ottenendo però l'effetto contrario.
di Gianluca Di Donfrancesco e Riccardo Sorrentino - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/XV26X

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