ROMA 19 SETTEMBRE 2012 CORSERA.IT DI RENATO CORSINI
Le liberalizzazioni del Prof. Monti si infrangono contro le corporazioni sportive del CONI, le federazioni sportive nazionali. Il caso emblematico del poker texano in odore di disciplina olimpica.L’obbligatorietà della affiliazione alle corporazioni per esercitare il diritto al lavoro nell’ambito dell’ordinamento sportivo. La giustizia sportiva casereccia e inaffidabile non offre alcuna garanzia di indipendenza del giudizio dal potere corporativo. Le corporazioni ostacolano la libertà di non associarsi per lo svolgimento delle attività sportive, quelle stesse riconosciute dal CONI monopolista nazionale.
Il poker sportivo,definito texano, una novità olimpica, dovrebbe debuttare ufficialmente alle Olimpiadi del
Definire quali essi siano in via generale e astratta, è compito arduo e comunque tale che
L’aspetto insolente e negativo del corporativismo emerge anche clamorosamente da una vicenda sgradevole che ha avuto come protagonisti il presidente della federazione italiana tennis, all’epoca dei fatti, e un tecnico federale con il ruolo di coach. Il Tar del Lazio con sentenza n. 37668/ 2010 , a cui il tesserato si era rivolto per violazione in materia di diritto del lavoro, ha affermato che l’ordinamento sportivo nella sua configurazione corporativa non può ostacolare o impedire l’accesso al mercato del lavoro dei professionisti che operano come istruttori o tecnici nel settore del gioco del tennis. Nel caso di specie la federazione vietava tassativamente ai circoli sportivi ad essa affiliati di avviare rapporto di lavoro con il tesserato colpito da provvedimento disciplinare , ancorché si fosse dimesso dalla federazione, così violando le leggi di mercato e la libera circolazione dei professionisti. In un sistema di monopolio pubblico non sussiste la pluralità degli ordinamenti o delle organizzazioni sportive che costituiscano una alternativa alla libertà di non associarsi rendendo problematica una occupazione di lavoro fuori del sistema corporativo. Una vicenda in cui la giustizia sportiva ha svolto un ruolo che ne conferma il totale fallimento, osservando tra l’altro che un bisticcio condito di improperi reciprochi tra il presidente federale e il coach rappresentava il casus belli per come era gestita l’attività a livello agonistico.
Con l’intervento della Corte costituzionale nella sua recente decisione del
Renato Corsini.
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