Palermo 27 Ottobre 2010 CORSERA.IT
Massimo Ciancimino ha raccontato la storia personale della sua famiglia e del padre Vito Ciancimino con la Mafia e si ritrova opggi lui stesso indagato per concorso in associaione mafiosa.Michele era dunque il tramite tra l'organizzazione mafiosa,allora capitanata da Bernardo Provenzano e Totò Riina e suo padre,il potente sindaco della città di Palermo.
altre ricostruzioni COrriere della Sera.Si tratta di fogli scritti a mano e a macchina. Alcuni di questi ultimi, secondo quanto riferito dal neo-indagato, provenivano direttamente da Provenzano, scritti durante la sua lunghissima latitanza. In molte occasioni il giovane Ciancimino ha detto di aver svolto il ruolo di «postino», facendo entrare e uscire lettere provenienti (a suo dire) dai boss perfino in carcere, nei periodi in cui l'ex sindaco corleonese di Palermo era detenuto. Gli esami della Scientifica non sono stati in grado di indicare l'attribuzione dei manoscritti (le comparazioni con le calligrafie dei principali boss hanno dato tutte esito negativo) e hanno escluso che i «pizzini» dattiloscritti consegnati da Massimo agli inquirenti (quasi sempre in fotocopia) provengano dalle macchine da scrivere trovate in possesso di Provenzano. Il tipo di carta, però, è compatibile con i periodi indicati, anche quelli che dovrebbero essere vecchi di quasi vent'anni.
La mossa della Procura di Palermo è la conseguenza di ciò che lo stesso Ciancimino jr è andato raccontando in questi ultimi due anni e mezzo, e paradossalmente è un attestato di parziale credibilità alle sue dichiarazioni. Per esempio sul presunto «papello» con l'elenco delle richieste di Totò Riina alle istituzioni dopo la strage di Capaci in cui morì Giovanni Falcone e prima di quella di via D'Amelio che tolse di mezzo Paolo Borsellino. L'allora giovane rampollo lo ricevette personalmente dalle mani di Nino Cinà, il medico di Riina condannato per mafia, e lo portò a suo padre.
Con tutto quello che ha detto anche a suo carico, se i magistrati non l'avessero creduto sarebbe dovuta scattare l'accusa di autocalunnia; contestandogli il concorso esterno con Cosa nostra, invece, i pm palermitani mostrano di ritenerlo credibile. Almeno nella parte sulla trattativa, e almeno per adesso, giacché gli interrogatori non sono conclusi e Ciancimino jr ha abituato gli inquirenti a versioni anche contrastanti, contraddittorie o inconcludenti. Così le hanno valutate i giudici d'appello che hanno confermato la condanna del senatore Marcello Dell'Utri (del quale pure si parla in alcuni «pizzini»), rifiutandosi di ascoltare il testimone.
Le ombre maggiori riguardano ciò che il neo-indagato
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