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ANTONIO CATRICALA' E LA CRICCA DEL CONI DI GIANNI PETRUCCI.

Roma 12 Settembre 2010 (Corsera.it)

Almunia garante della concorrenza e del mercato europeo. Le motivazioni di apertura di un procedimento contro l’Italia per infrazione delle direttive europee sull’applicazione dell’IVA nel settore delle attività sportive. Discriminazione fiscale che falsa la concorrenza e ostacola la libera circolazione di beni e servizi. L’inerzia del garante nazionale Catricalà.

 Il Garante della concorrenza e del mercato italiano Antonio Catricalà chiamato a rispondere nel settore della concorrenza e della libera circolazione di beni e servizi connessi con lo sport se ne è lavato le mani. “ I fatti segnalati esulano dall’ambito delle proprie competenze, non integrando alcuna delle ipotesi di illecito concorrenziale prevista dalla disciplina antitrust nazionale e comunitaria” ( comunicazione Garante 8 luglio 2010 prot. 0041879). La risposta è fuorviante. La questione non può essere risolta sic et simpliciter priva di una approfondita motivazione. Ed è per questa assenza che sussistono i motivi per ricorrere alla Commissione delle Comunità Europee.

Le norme europee sull’Iva sono definite dalla direttiva 2006/ 112/ CE del Consiglio. L’obiettivo è garantire che l’applicazione delle norme nazionali sull’Iva non falsi la concorrenza e non ostacoli la libera circolazione di beni e servizi. La direttiva prevede la possibilità per gli Stati membri di esentare determinati servizi connessi con lo sport dalle imposte dirette oppure applicando tassi ridotti. Con la locuzione “ servizi connessi con lo sport”, la Commissione europea ( Libro bianco dello sport 11 luglio2007,punto 3.2 )  indica attività di contenuto sportivo che offrano beni e servizi ai propri partecipanti.

 

Il legislatore italiano si è posto in contrasto con lo spirito e la lettera della direttiva stabilendo una discriminazione,chiaramente illegittima, tra soggetti riconosciuti dal CONI  ed altri che non lo siano o che non si riconoscano in esso. La discriminazione è giustificata dal monopolio del CONI  (Comitato Olimpico Nazionale ) l’ente strumentale dello Stato sovvenzionato direttamente con risorse  dell’erario. Va da sé che è falsata la concorrenza ed è ostacolata la libera circolazione di beni e servizi. Per accedere alle agevolazioni fiscali i soggetti che svolgano attività connesse con lo sport devono ottenere il riconoscimento dello status di “associazione o società sportiva” previa iscrizione nell’apposito Registro nazionale tenuto dal CONI. La norma è cogente. L’agenzia delle Entrate si è adeguata (cfr. Legge finanziaria 2008). Ciò comporta passare sotto le forche caudine dell’affiliazione al CONI tramite le Federazione sportive nazionali, gli Enti di promozione sportiva, le Discipline Associate.

 

E’ evidente che fuori dall’ambito sportivo del monopolio pubblico i soggetti ad  esso estranei non siano tutelati per il profilo della concorrenza e della libera circolazione di beni e servizi. Non sono esentati e nemmeno è possibile concedere una  riduzione dei tassi. Si palesa una posizione dominante del CONI nel settore dei servizi connessi con lo sport (Legge nazionale 287/90 recante norme per la tutela della concorrenza e del mercato). Al riguardo sul tema del monopolio pubblico il Tribunale Amministrativo del Lazio  in una vertenza della Federazione Ginnastica d’Italia ,

riconosciuta dal CONI, contro il Ministero della Pubblica Istruzione e nei confronti della Federazione Italiana Aerobica e Fitness non riconosciuta dall’ente pubblico ( sentenza n. 2894/ 98, presidente Roberto Scognamiglio, relatore Vito Carella ) ha osservato che “ non è attribuibile alla Federginnastica un contenuto di esclusività per tutte le attività ginnico sportive comprese le non agonistiche o formative. Ciò comporta che nulla vieta che altre organizzazioni, private o pubbliche, possano organizzare o promuovere autonomamente l’attività sportiva ( non ufficiale) ed intrattenere rapporti operativi non incidenti con le competenze ufficiali della Federginnastica”. I giudici amministrativi hanno poi osservato che “ si debbono anche considerare i principi fondamentali di ordine costituzionale e comunitario della libera concorrenza”.

 

Più recentemente il Garante nazionale della Concorrenza e del Mercato all’epoca Giuseppe Tesauro intervenendo in una questione di pubblicità ingannevole, provvedimento n.10784/ 2002, sollevata dalla Federazione Italiana Aerobica e Fitness, enunciava nelle sue valutazioni conclusive . “1. Il termine fitness è comunemente utilizzato al fine di indicare tutte le pratiche motorie volte alla cura della forma psicofisica della persona. 2. “ Il fitness non si può identificare con una disciplina sportiva precisamente individuabile. 3.” La pratica del fitness ed il suo insegnamento non sono assoggettati ad una precisa regolamentazione facente capo alle federazioni sportive riconosciute dal CONI”.

La questione dunque si pone a livello generale in relazione alla illegittimità della registrazione obbligatoria al pubblico registro delle società e delle associazioni tenuto dal CONI  dei soggetti che svolgano attività connesse con lo sport in qualsiasi forma associativa non riconosciuti dall’ente strumentale dello Stato o che in esso non si riconoscano. Sussistono i motivi per avviare una procedura nei confronti dell’Italia. La questione deve comunque trovare una risposta dalla Commissione europea anche perché lo dispone l’art. 2 della legge nazionale 287/90, prevedendo che ove la fattispecie sottoposta all’esame del Garante non rientri nell’ambito di applicazione della legge nazionale ne deve informare la Commissione europea. Ed è il caso della questione che si è posta.

 

 

Renato Corsini 

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