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PASQUA.BENEDETTO XVI OMELIA DELLA PASSIONE NELLA VEGLIA PASQUALE.

Roma 4 Aprile 2010 (Corsera.it)

Fedele alle attese della vigilia, neanche in questa Veglia di Pasqua, da poco conclusa a san Pietro, papa Benedetto XVI ha fatto alcun accenno alla tempesta mediatica abbattutasi su di lui e sulla Chiesa cattolica dopo gli scandali dei preti pedofili. Il pontefice ha presieduto senza esitazioni la lunga celebrazione che anticipa la Pasqua di resurrezione, dedicando la sua omelia alle virtù taumaturgiche della fede e alla necessità di iniziarne il cammino rinunciando al peccato, inteso come «adorazione del potere», «cupidigia», «menzogna», «crudeltà» e «dissolutezza». La cerimonia si è aperta come di consueto con la benedizione del fuoco e l'accensione del cero pasquale. Poi, la suggestiva processione nel buio della basilica spezzato solo dalle candele, verso l'altare. Liturgia curata nei minimi particolari, con una grande attrice italiana, Giuliana Lojodice, a recitare le letture. Nell'omelia, pronunciata

 al termine di una ennesima giornata di tensione segnata dalle polemiche degli ebrei per una frase del predicatore pontificio, il Papa ha preso spunto da antiche leggende giudaiche per sottolineare, innanzitutto, il senso dell'immortalità secondo la Chiesa. Da sempre - ha detto il Papa - l'uomo cerca la «medicina dell'immortalità», e «anche oggi gli uomini sono alla ricerca di tale sostanza curativa». E «pure la scienza medica attuale cerca, anche se non proprio di escludere la morte, di eliminare tuttavia il maggior numero possibile delle sue causa, di rimandarla sempre di più, di procurare una vita sempre migliore e più lunga». Una tentazione sulla quale il pontefice invita ad interrogarsi, osservando che, «se si riuscisse, magari non ad escludere totalmente la morte ma a rimandarla indefinitamente», «l'umanità invecchierebbe in misura straordinaria, per la gioventù non ci sarebbe più posto. Si spegnerebbe la capacità dell'innovazione e una vita interminabile sarebbe non un paradiso, ma piuttosto una condanna». «La vera erba medicinale contro la morte - ha concluso il Papa - dovrebbe essere diversa. Non dovrebbe portare semplicemente un prolungamento indefinito di questa vita attuale», ma «trasformare la nostra vita dal di dentro», «creare in noi una vita nuova», come avviene con il Battesimo. Subito dopo Benedetto XVI è tornato sul tema dell'iniziazione alla fede descrivendolo come un «cambio di vesti», «un percorso che dura tutta la vita», fatto di rinunce e promesse. Per «contemplare il volto di Dio» occorre innanzitutto - ha detto - iniziare a deporre le «vesti vecchie» del peccato, liberarsi, oggi come nell'antichità, «dall'imposizione di una forma di vita che si offriva come piacere e, tuttavia, spingeva verso la distruzione di ci• che nell'uomo sono le sue qualità migliori». Peccati di cui il pontefice ha offerto l'elenco con parole di san Paolo: «fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere». Infine, ha sottolineato l'importanza dei sacramenti, impartiti a fine messa a sei adulti, quattro donne e due uomini, provenienti da Somalia, Albania, Sudan, Russia e Giappone. Il Battesimo - ha detto - «non è solo un lavacro, ancor meno un'accoglienza un pò complicata in una nuova associazione. È morte e risurrezione, rinascita alla nuova vita». Insomma, una cosa seria, «erba medicinale - ha concluso il Papa - contro la morte».


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