Tripoli 27 Febbraio 2010 (Corsera.it)
La Stampa.Il leader libico Muammar Gheddafi alza i toni e lancia un appello invitando il popolo musulmano alla jihad (guerra santa) contro la Svizzera, “colpevole” di aver sancito, con un referendum, il divieto di costruzione di minareti sul proprio territorio. «La jihad - ha detto il colonnello intervenendo a Bengasi a una cerimonia per la commemorazione della nascita del profeta Maometto - deve essere proclamata contro l’infedele e apostata Svizzera, che distrugge le case di Allah». Gheddafi ha poi aggiunto che «la jihad contro la Svizzera, contro il sionismo, contro l’aggressione straniera, non è terrorismo». Rivolgendosi al Comando popolare islamico internazionale, da lui stesso presieduto, ne ha ammonito i membri, diffidandoli dall’intrattenere relazioni con il “nemico” svizzero. «Ogni musulmano ....
nel mondo che abbia a che fare con la Svizzera - ha detto - è un infedele, è contro l’Islam, contro il profeta Maometto, contro il Corano». A sentirlo e applaudirlo una folla di migliaia di persone. In una delirante escalation di autoesaltazione, il leader libico, secondo quanto ha riferito l’agenzia di stampa ufficiale libica “Jana”, ha poi detto che «se la Svizzera fosse stato un nostro Paese confinante le avremmo dichiarato guerra». E ancora, l’esortazione a tutti i musulmani: «Boicottate la Svizzera: boicottate i suoi prodotti, i loro aerei, le loro navi, le loro ambasciate, boicottate questa razza miscredente, apostata, che aggredisce la case di Allah. Bisogna che i musulmani si mobilitino in tutti i Paesi del mondo islamico». Le minacce di Gheddafi non sono state commentate dalle autorità svizzere, che l’altro giorno, in una dichiarazione avevano affermato che «solo la Libia è responsabile di questa situazione e delle sue conseguenze». L’appello per una guerra santa contro la Svizzera è solo l’ultimo atto di una crisi diplomatica iniziata nel luglio 2008 con l’arresto in un albergo di Ginevra di Hannibal Gheddafi (uno dei figli del Colonnello) e della moglie per maltrattamenti a due domestici. Da lì è seguita una serie di ritorsioni, tra le quali l’arresto di due imprenditori elvetici a Tripoli, culminate con la decisione della Libia di negare l’ingresso dei cittadini dei Paesi dell’area Schengen (tra cui l’Italia) in risposta alla decisione delle autorità svizzere di vietate l’ingresso sul proprio territorio a 188 personalità del regime libico, fra cui Gheddafi. L’Italia, che ritiene di avere un rapporto privilegiato con la Libia (ma che si è vista ugualmente respingere propri cittadini) ha cercato una mediazione, non risparmiando criticche alla Svizzera per aver stilato la black list senza consultare gli altri Paesi, accusandola di aver fatto un «uso politico del trattato di Shengen». Sul contenzioso sono impegnate da giorni diverse cancellerie occidentali, con il sostegno dell’Unione Europea. Le reazioni Il direttore generale delle Nazioni Unite a Ginevra, Sergey Ordzhonikidze, ha definito «inammissibili» gli appelli alla guerra santa da parte di un Capo di Stato, riferendosi a Gheddafi. Lutz Guellner, portavoce dell’Alto rappresentante per la politica estera Ue Catherine Ashton, ha detto che «certamente sono commenti inusuali in diplomazia, e sono infelici in un momento in cui l’Ue sta lavorando attivamente per una soluzione diplomatica». Guellner non ha però voluto spingersi oltre. «Parole inaccettabili», ha detto invece a Parigi il portavoce del ministero degli Esteri francese Bernard Valero, sottolineando che la disputa tra la Berna e Tripoli deve essere risolta attraverso il «negoziato». Molto cauta invece la posizione della diplomazia italiana, quasi timorosa di “infastidire” Gheddafi. «Non vi è né un interesse dell’Europa né un interesse dell’Italia a creare condizioni che inaspriscano i toni e la situazione» afferma il ministro degli Esteri Franco Frattini. «Non c’è molto da commentare. C’è semplicemente da dire - sostiene il titolare della Farnesina - che auspichiamo una soluzione immediata del contenzioso che riguarda la Svizzera con la Libia. Si tratta di un contenzioso bilaterale, che speriamo sia rapidamente risolto e ovviamente continuiamo con le nostre posizioni molto chiare: l’Europa continua a negoziare con la Libia un accordo globale per la sicurezza, per l’immigrazione e per lo sviluppo». «Al tempo stesso, evidentemente,- aggiunge Frattini - chiediamo alla Libia il rispetto di tutti gli impegni internazionali, con riferimento ad esempio al trattamento dei prigionieri e auspichiamo che il cittadino svizzero che è ancora detenuto in Libia venga poi perdonato, come tutti sperano». Secondo il ministro dell’Interno Roberto Maroni «se non si risolve rapidamente il contenzioso tra la Libia e la Svizzera temo ci possano essere conseguenze molto negative per l’Italia e gli altri Paesi europei nel controllo dell’immigrazione clandestina e anche sul fronte dell’esistenza di sistemi di controllo come l’area Schengen, che finora hanno funzionato bene ma che l’iniziativa svizzera rischia di mettere in discussione».
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